Il recente contributo di Wiener ed Alemanno, The Future of international regulatory cooperation: TTIP as a learning process toward a global policy laboratory, analizza l’impatto della international regulatory cooperation (IRC) nei differenti sistemi di regolazione.
Gli autori muovono dalla constatazione secondo cui, nelle negoziazioni sul TTIP, i rappresentanti hanno impedito l’adozione di standard di regolazione inferiori rispetto a quelli già applicati nell’Unione europea. Nell’articolo viene però evidenziato che, seppure esistono settori in cui la regolazione europea è più stringente (si pensi ad esempio alle restrizioni sugli alimenti geneticamente modificati, o all’uso di ormoni nella carne bovina), in altri è quella statunitense ad essere maggiormente rigorosa (si pensi alle precauzioni adottate nel settore delle carni a seguito della crisi della BSE, o alle norme adottate in materia di terrorismo). Ciò dipende principalmente dal fatto che diversi sistemi giuridici presentano differenze nella regolazione di specifici settori. In tale ottica, il TTIP potrebbe rappresentare un utile strumento per la convergenza degli standard regolatori europei e americani.
Fatte tali premesse, gli autori si chiedono quali benefici possano derivare dal confronto tra diverse discipline regolatorie e se una convergenza possa essere favorita dalla presenza di istituzioni comuni tra USA ed UE.
Nella prima parte dell’articolo si analizzano alcuni esempi di collaborazione regolatoria, antecedenti al TTIP, che mostrano come l’international regulatory cooperation abbia contribuito a ridurre l’eterogeneità di norme e criteri di regolazione. In particolare, gli autori prendono in esame il trattato U.S.–EU Transatlantic Economic Council (TEC), il trattato U.S.–Canada Regulatory Cooperation Council (RCC) e l’ Australia–New Zealand Mutual Recognition Agreement (MRA) (successivamente Trans-Tasman Mutual Recognition Arrangement -TTMRA). Tali accordi di cooperazione regolatoria avevano l’obiettivo di ridurre le barriere commerciali tramite il riconoscimento reciproco, l’armonizzazione degli standard oppure attraverso la regolazione congiunta. Gli autori si soffermano anche sulla World Trade Organization (WTO) che ha permesso di conciliare normative diverse, ad esempio mediante la stipula dell’Accordo sugli ostacoli tecnici agli scambi e dell’Accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie.
Nella seconda parte, si prendono in considerazione i possibili vantaggi e svantaggi della IRC.
Tra i vantaggi si segnalano:
- la riduzione delle barriere commerciali;
- la riduzione di arbitraggi regolamentari;
- la riduzione degli spazi per una competizione regolatoria al ribasso.
Tra gli svantaggi si indicano:
- gli elevati costi di negoziazione necessari per coordinare le regolazioni;
- una non perfetta adeguatezza della regolazione internazionale alle preferenze locali;
- l’impatto negativo, molto ampio, di eventuali errati approcci di regolazione internazionale.
Nell’ultima parte dell’articolo si discutono i principali meccanismi e modelli che potrebbero rendere effettivi i vantaggi della IRC e ridurne, al contempo, i rischi e i problemi applicativi.
L’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico-OCSE ha identificato undici tipi di meccanismi di IRC. L’articolo li elenca nel seguente modo:
- dialogo: lo scambio informale di informazioni volto a favorire la comprensione reciproca delle rispettive norme;
- soft law: una forma di cooperazione basata su strumenti non vincolanti che consentono alle parti interessate di partecipare alla regolamentazione normativa;
- codici privati: standard tecnici adottati da multinazionali come l’International Organization for Standardization (ISO);
- incorporazione di codici privati internazionali all’interno di strumenti legislativi nazionali attraverso il riferimento ad uno o più standard, come ad esempio gli standard come ISO oppure il Council of Australian Governments Best Practices Regulation;
- reti transgovernative: cooperazione tra le agenzie o tra le unità di governi nazionali;
- accordi di reciproco riconoscimento nel diritto nazionale di regolamentazione: si tratta di accordi che consentono l’accesso al mercato;
- accordi regionali e internazionali con disposizioni volte a ridurre gli ostacoli normativi al commercio ed a sviluppare nuovi standard normativi armonizzati;
- appartenenza a organizzazioni internazionali per promuovere la cooperazione normativa e, talvolta, lo sviluppo di standard normativi internazionali con il consenso degli stati membri (come ad esempio l’Organizzazione Internazionale del Lavoro, l’Organizzazione Internazionale dell’Aviazione Civile, l’Organizzazione marittima internazionale e l’OSCE);
- partnership normativa tra Paesi: dialogo informale o negoziati formali per armonizzare gli standard normativi (si rinvia ad esempio al U.S.– European Commission High Level Regulatory Cooperation Forum);
- integrazione e armonizzazione attuata attraverso un’istituzione sovranazionale o congiunta: si pensi agli accordi bilaterali o multilaterali per adottare lo stesso standard di regolamentazione in ogni Stato, come avvenuto per i trattati internazionali in materia di ambiente, salute e sicurezza;
- creazione di un’unica agenzia o di un organismo di regolamentazione volto a promulgare regolamenti in due o più ordinamenti (si pensi alla Food Standards Australia and New Zealand agency).
La considerazione conclusiva degli autori è che il TTIP avrebbe potuto imporsi come nuovo modello di regolazione internazionale ponendosi come un laboratorio per la sperimentazione di soluzioni innovative volte a sviluppare una regolazione transnazionale più efficiente rispetto al passato.
- B. Wiener – A. Alemanno, The Future of International Regulatory Cooperation: TTIP as a Learning Process Toward a Global Policy Laboratory, in Law and Contemporary Problems, 2015, vol. 78, n. 4, p. 103-136.
(Giulia Dimitrio e Giorgio Mocavini)