Recensioni. Funzionamento e limiti dell’AIR tra teoria e prassi

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A fronte della larga diffusione dell’Analisi di impatto della regolamentazione nei Paesi OECD e dell’area euro, è indubbia l’utilità di studi scientifici in grado di coniugare elementi di ordine teorico sugli obiettivi, il funzionamento e i limiti dell’AIR, con considerazioni tratte dalla pratica applicativa. In questa prospettiva, va segnalato il volume curato da Jean-Bernard Auby e Thomas Perroud che, raccogliendo otto contributi di taglio giuridico e di analisi economica del diritto, affronta il tema sotto molteplici angolazioni, offrendo una lucida sintesi delle problematiche sottese all’inserimento dell’AIR nel processo regolatorio. Cosa è l’AIR? Quali finalità si perseguono tramite la sua introduzione? Quali caratteri ha assunto, diffondendosi (e differenziandosi) tra diversi ordinamenti? Quali sono i suoi effetti sul processo decisionale? Quali fattori possono accrescerne la rilevanza e l’efficacia o, al contrario, limitarne l’utilità? Nell’introduzione, i curatori cercano di rispondere a queste domande, gettando le basi per una riflessione più ampia, che si spinge sino a considerare l’AIR come conseguenza dell’evoluzione del concetto di interesse pubblico e, più in generale, del diritto amministrativo[1].

È soprattutto nell’ambito delle politiche di better regulation promosse dall’OECD e dall’Unione Europea per accrescere la competitività che l’Analisi di impatto della regolamentazione ha assunto un rilievo centrale. Ciò è frutto dell’acquisita consapevolezza che le norme giuridiche hanno effetti economici, e che quindi, per accrescere l’efficienza, è opportuno che anche gli economisti siano coinvolti nella loro formulazione[2]. Sarebbe errato, però, considerare l’AIR una panacea: alcuni limiti intrinseci, infatti, la rendono inidonea a sostituire la componente politica delle decisioni di cui, al massimo, essa può costituire un complemento.

Nei contributi di Anthony Ogus[3], Frédéric Marty e Susan Rose Ackerman si sottolinea, innanzi tutto, che in molti casi non è possibile una quantificazione delle variabili interessate dall’intervento regolatorio – si pensi alle difficoltà insite nel quantificare beni non commerciabili, come la vita umana, la salute e la sicurezza, l’ambiente – con la conseguenza che l’AIR è necessariamente approssimativa. Particolari problemi si pongono, poi, con riferimento a talune tipologie di provvedimenti, quali quelli che coinvolgono considerazioni di giustizia distributiva o valutazioni etiche, oppure quelli che implicano la valutazione di rischi per i quali non vi siano sufficienti certezze scientifiche (si pensi ai provvedimenti concernenti l’utilizzo di OGM), oppure, ancora, quelli suscettibili di avere effetti non verificabili entro un lasso temporale ragionevole[4]. Un altro fattore che può inficiare l’attendibilità dell’AIR è il rischio che i destinatari della norma non la accettino, ponendo in atto reazioni opportunistiche o adeguando le proprie azioni in modo strategico[5].

Nonostante questi limiti, gli autori sono concordi nel riconoscere il ruolo fondamentale dell’AIR nel rendere più trasparente e più razionale il processo decisionale. Ciò specialmente quando l’AIR è oggetto di pubblicazione prima dell’approvazione del provvedimento (come avviene nel sistema francese)[6]: i risultati dell’analisi, infatti, contribuiscono ad alimentare il dibattito politico e possono favorire i meccanismi di partecipazione, agevolando l’informazione del pubblico soprattutto su aspetti di carattere tecnico-scientifico di più difficile divulgazione.

Sfortunatamente, nella prassi applicativa emerge un quadro ancora poco soddisfacente, nonostante l’AIR sia largamente diffusa[7]. Solo in pochi casi sono predisposte le risorse necessarie per svolgere in modo adeguato questa funzione laddove, invece, sarebbe fondamentale disporre di strutture ah hoc e di personale specializzato[8]. Il più delle volte, l’AIR è pubblicata solo dopo l’approvazione dell’intervento regolatorio – si veda, ad esempio, il caso della Grecia –, e quindi si disperdono i benefici informativi che potrebbero derivarne nell’ambito della partecipazione. Molto spesso, poi, l’AIR non è integrata con un’attività di valutazione ex post. Edward Donelan, nell’evidenziare queste difficoltà, ne individua una possibile causa nel fatto che talvolta l’introduzione dell’AIR non è effettivamente funzionale a finalità di better regulation, rispondendo, piuttosto, all’esigenza di legittimazione di determinati provvedimenti agli occhi del pubblico, o anche a pressioni internazionali per la sua introduzione[9].

Specifici approfondimenti sono dedicati all’esperienza francese e greca. Il contributo di Jean Maїa mostra le difficoltà incontrate dalla Francia nell’attuazione della riforma costituzionale del 2008, che ha modificato l’art. 39, prevedendo, al terzo comma, che “La présentation des projets de loi déposés devant l’Assemblée nationale ou le Sénat répond aux conditions fixées par une loi organique”. Per effetto di questo rinvio lo svolgimento dell’AIR, in precedenza previsto solo da atti di natura regolamentare e di frequente omesso, è divenuto sostanzialmente obbligatorio. Nonostante gli innegabili vantaggi dell’introduzione dell’AIR sulla qualità e sulla trasparenza del processo decisionale, la riforma presenta alcune imperfezioni. Tra queste, l’eccessiva ampiezza dell’AIR che, prendendo in considerazione aspetti di ordine economico, sociale e ambientale, aumenta la complessità e la comprensibilità dell’analisi, talvolta a scapito dell’effettiva influenza della stessa sul processo decisionale. Anche nel caso della Grecia, la riforma che ha introdotto l’AIR nel 2006 presenta luci e ombre: George Dellis evidenzia le contraddizioni di una normativa all’apparenza all’avanguardia che tuttavia si dimostra estremamente carente nell’attuazione, per l’assenza di personale specializzato e di strutture dedicate, per l’eccessiva ampiezza dell’AIR, per l’insufficiente adeguamento dello strumento alle specificità nazionali e ai settori di riferimento[10]. Alle consuete difficoltà insite nella quantificazione delle variabili prese in considerazione nell’analisi si aggiungono, inoltre, ulteriori complicazioni legate alle inefficienze del sistema statistico greco.

Il volume offre interessanti spunti di riflessione anche sulla dimensione sovranazionale della valutazione delle politiche pubbliche. Martina Conticelli si sofferma sugli effetti, a livello nazionale, dei giudizi sugli Stati diffusi da un numero crescente di organismi globali, come la World Bank e le agenzie di rating, mostrando come tramite queste valutazioni la globalizzazione venga ad incidere anche sulle riforme amministrative[11]. Alberto Alemanno, invece, tratta dell’origine e dei caratteri dell’AIR svolta sui provvedimenti europei, soffermandosi sul ruolo che essa può svolgere nel successivo controllo giurisdizionale di legittimità del diritto europeo[12]. L’AIR, in particolare, può fornire utili elementi alla Corte di Giustizia per verificare se il provvedimento oggetto del giudizio sia o meno rispettoso del principio di proporzionalità[13]. L’autore evidenzia come questo, se da un lato può contribuire allo sviluppo del diritto europeo in un senso più “evidence-based”, dall’altro può avere un effetto circolare, potendo influire sul modo con cui la Commissione Europea svolge l’AIR sui propri provvedimenti.

Anche a livello sovranazionale, dunque, l’introduzione dell’Analisi di impatto della regolazione presenta luci e ombre; per usare le parole di Auby e Perroud, “in all systems where it is practiced, it shows some deficencies, or at least suffers form obvious limitations”. Ciò non significa negare l’importante contributo svolto dall’AIR per rendere più efficiente il processo decisionale. Al contrario, conoscere (e saper riconoscere) i limiti di questo strumento è fondamentale: da un lato, perché consente di migliorarlo, dall’altro perché induce ad utilizzarlo in modo più consapevole, riservandogli il giusto ruolo di ausilio al decisore politico.

J.-B. Auby – T. Perroud (a cura di), 2013. Regulatory Impact Analysis, Global Law Press – Editorial Derecho Global; Instituto Nacional de Administraciόn Publica

(Recensione a cura di Eleonora Cavalieri)



[1] Sull’argomento si soffermano, nell’introduzione, J.-B. Auby e T. Perroud, spec. p. 21 ss., secondo I quali “RIA shows that the public interests no longer stems from the will of the administration but from a bilance of costs and benefits. The public interests is no lo longer something the administration can declare unilaterally; it must be justified, constructed” (qui p. 22-23).

[2] In questo senso il contributo di Frédéric Marty, “Regulatory Impact Assessment, A Politico-Economic Perpective”: Some Comments on Professor Ogus’ Paper From a Law and Economics Point of View, p. 73 ss.

[3] Anthony Ogus, Regulatory Impact Assessment, A Politico-Economic Perpective, p. 53.

[4] Come, ad esempio, nel caso del surriscaldamento globale. Su questi profili si veda, in particolare, il contributo di Susan Rose Ackerman, Impact Assessment and Cost-Benefit Analysis: What Do They Imply for Policymaking and Law Reform?, p. 93 ss.

[5] L’aspetto è messo in evidenza da Frédéric Marty, “Regulatory Impact Assessment, A Politico-Economic Perpective”: Some Comments on Professor Ogus’ Paper From a Law and Economics Point of View, p. 87 s.

[6] Jean Maїa, Outline of the French Practice of Regulatory Impact Assessment (RIA) System Preliminary to the Legislative Process, One Year After the Enactment of the New 2008 Constitutional Framework, p. 167.

[7] Donelan al riguardo riporta l’espressione “diffusion without convergence” utilizzata da C.M. Radaelli nello scitto intitolato, appunto, “Diffusion without convergence: how political context shapes the adoption of regulatory impact assessment”, in Journal of European Public Policy, vol. 12/5, pp. 924-943.

[8] Altri fattori che possono favorire una più efficace applicazione dell’AIR sono individuati nel contributo di Donelan. Tra questi, un forte supporto politico, l’impiego di sufficienti risorse finanziarie e umane, il coinvolgimento delle Università per fornire il supporto tecnico indispensabile al fine dell’analisi.

[9] E. Donelan, Progress and Challenges in Selected OECD and EU Countries in Developing and Using Regulatory Impact Assessment (RIA), p. 125.

[10] G. Dellis, Can You Teach an Old Public Law System New Tricks? The Greek Experience on Good Regulation: From Parody to Tragedy Without (yet) a Deus Ex Machina, p. 181.

[11] M. Conticelli, Assessing National Reforms Through Global Indicators. Case Study, p. 143 ss.

[12] A. Alemanno, The Reviewability of Better Regulation. When Ex Ante Evaluation Meets Ex Post Judicial Control, p. 211.

[13] Sul punto, è presente un’ampia analisi del caso Spain v. Council, C-310/04 e nel successivo caso Sungro SA et al. (T-252/07, T-271/07 e T-272/07). Cfr. A. Alemanno, The Reviewability of Better Regulation. When Ex Ante Evaluation Meets Ex Post Judicial Control, pp. 241 ss.