Nel corso degli ultimi decenni si è assistito alla diffusione su scala globale delle autorità indipendenti in un numero crescente di settori adottando soluzioni molto diversificate[1]. La proliferazione delle autorità indipendenti ha portato quindi in paesi come l’Italia all’espansione di un comparto istituzionale privo di modelli organizzativi coerenti[2].
Alla lacuna di indicazioni sulla disciplina delle autorità indipendenti ha posto rimedio l’OECD nella sua qualità di mediatore transnazionale delle riforme amministrative per favorire la circolazione di modelli e buone pratiche[3]. Dapprima, questo organismo ha raccomandato ai paesi di sviluppare una politica coerente in merito alle funzioni e alle strutture delle autorità indipendenti in modo da supportare la fiducia nella capacità istituzionale delle autorità stesse di formulare provvedimenti efficaci al riparo da influenze improprie[4]. Successivamente, con il documento che qui si passa in rassegna (Best Practice Principles for Regulatory Policy: The Governance of Regulators), l’OECD ha voluto accompagnare i paesi nello definizione della disciplina delle autorità indipendenti offrendo linee guida più specifiche basate sulla raccolta di buone pratiche su scala internazionale. Tale documento non specifica le fonti normative a cui ricorrere per la disciplina della governance delle autorità. Viene riconosciuta la centralità della legge e viene auspicato che essa definisca buona parte della fisionomia istituzionale delle autorità indipendenti. Viene però rilevato anche che i vuoti normativi lasciati da leggi poco specifiche o coerenti possono essere integrati adeguatamente da strumenti definiti dalle autorità stesse come piani, programmi, intese e protocolli.
Passando ai singoli principi di governance fissati dall’OECD, il primo è quello della chiarezza di ruolo. Le autorità indipendenti dovrebbe avere obiettivi ben individuati cui andrebbero associati poteri e funzioni anch’essi privi di ambiguità. Con riferimento a questi ultimi, l’OECD evidenzia la necessità per le autorità indipendenti di svolgere molteplici funzioni a fronte di risorse organizzative scarse. Ciò crea una competizione tra le funzioni che va regolata da strumenti interni di governance, quali ad esempio i piani di gestione della performance, in cui specificare in modo trasparente l’allocazione delle risorse tra funzioni concorrenti sulla base di priorità collegate agli obiettivi assegnati alle autorità. L’OECD sottolinea anche che spesso le attività di diverse autorità indipendenti insistono sugli stessi soggetti per perseguire finalità diverse. Ciò crea sovrapposizioni e ridondanze cui scaturiscono oneri amministrativi ingiustificati per i soggetti regolati. Al fine di contenere tali oneri, si raccomanda anche di introdurre strumenti di coordinamento tra le diverse autorità. Laddove la legislazione sia carente al riguardo, è rimessa all’autonoma iniziativa della autorità la definizione di strumenti informali di coordinamento.
Il secondo e terzo principio definizione riguardano l’autonomia degli organi di governo. Si tratta di una questione cruciale per questo tipo di amministrazioni pubbliche in quanto dovrebbero rappresentare la soluzione tanto per neutralizzare l’influenza del ciclo elettorale e della possibile cattura degli interessi regolati[5]. Sul tema l’OECD non può che focalizzarsi in larga misura sul sistema delle nomine dei vertici delle autorità. Al riguardo il documento non si limita a richiamare principi e pratiche sulla incompatibilità e inconferibilità degli incarichi nonché sulla previsione di periodi di “cooling-off” al fine di evitare conflitti di interessi oppure la necessità di sganciare la governance delle autorità dal ciclo elettorale prevedendo mandati più lunghi della legislatura. Particolare enfasi, infatti, viene posta sulla procedura di nomina affinché essa sia trasparente e competitiva secondo i principi di public appointments[6]. Questi ultimi vincolano la discrezionalità politica attraverso l’introduzione di organismi terzi tecnici che fungono da filtro per la selezione dei candidati. Inoltre, particolare attenzione viene posta sulla revoca degli incarichi da parte dell’esecutivo che deve essere confinata a poche ipotesi di particolare gravità disciplinate con chiarezza dalla legislazione. L’OECD raccomanda anche di non coinvolgere a nessun titolo rappresentanti del governo e degli stakeholders negli organi di governo. Per quanto riguarda il rapporto delle autorità con gli stakeholders, infine, è raccomandata l’istituzione di tavoli tecnici permanenti di ascolto delle loro esigenze prevedendo un regime delle incompatibilità e inconferibilità molto puntuale anche degli incarichi di esperto delle autorità al fine di evitare che la nomina dei consulenti costituisca un meccanismo di cattura.
Il quarto e quinto principio sono quelli della accountability delle autorità indipendenti e della partecipazione degli interessati al loro processo decisionale. Si tratta di principi di particolare rilevanza per garantire la legittimità di istituzioni sganciate dal procedimento elettorale quali le autorità indipendenti[7]. In primo luogo, l’OECD segnala la necessità che le autorità siano chiamate a rispondere del proprio operato di fronte a Parlamento e Governo attraverso un sistema di report. Quest’ultimo non deve fare leva tanto sui canali tradizionali (rapporti su base periodica e risposta a interrogazioni puntuali) ma deve piuttosto poggiare su un sistema di indicatori di performance. In secondo luogo, viene suggerito il principio dell’accessibilità totale delle informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle autorità indipendenti prevedendo solo pochi e ben circostanziati limiti alla trasparenza. In terzo luogo, la trasparenza deve interessare anche gli esercizi di consultazione. Questi ultimi devono essere istituzionalizzati piuttosto che sporadici e prevedere la pubblicazione dei soggetti consultati, dei loro commenti e delle repliche delle autorità a questi ultimi. Infine, viene raccomandato di approntare strumenti e canali per garantire agli interessati di sporgere reclami nonché appellarsi contro le decisioni delle autorità indipendenti.
Il sesto e settimo principio riguardano il finanziamento delle autorità indipendenti e la valutazione della loro performance. Con riferimento al finanziamento, viene raccomandata non solo la massima trasparenza ma anche l’erogazione di fondi su base pluri-annuale per evitare tagli repentini che costituiscano una ritorsione politica contro provvedimenti non graditi. Per quanto concerne la valutazione della performance, le autorità dovrebbero dotarsi al proprio interno di un moderno sistema di gestione della performance con obiettivi quantificabili e indicatori focalizzati non solo sull’output ma anche sull’outcome. L’adozione di un sistema di gestione della performance viene raccomandata non solo come strumento a supporto della guida direzionale delle autorità ma anche come fonte di informazioni da rendere accessibili al pubblico attraverso la pubblicazione.
In conclusione, proprio l’enfasi posta dall’OECD sulla valutazione della performance e sulla trasparenza consente di rilevare il ritardo dell’affermazione di alcuni principi di buona governance dei regolatori in Italia. Queste dimensioni cruciali, infatti, sono state al centro di riforme amministrative dal cui ambito di applicazione le autorità sono state a lungo escluse. Se con riferimento alla trasparenza si può rilevare una tardiva applicazione degli obblighi di pubblicazione a seguito dell’entrata in vigore del d.lgs. n. 33/2013, nessuno sforzo istituzionale è stato profuso per la costruzione di un sistema di indicatori di performance. Quest’ultimo non è stato sviluppato né dal governo come sistema di report né dalle autorità stesse come strumento direzionale. L’Italia, però, sconta un ritardo anche rispetto a principi meno moderni, da lungo affermati nel dibattito sulle autorità indipendenti. Si pensi ai sistemi di nomina che, considerato l’ampio spazio lasciato alla discrezionalità politica, appaiono lontani dal regime di public appointment prescritto dall’OECD[8]. Persino il primo principio, quello della chiarezza di competenze e funzioni, fatica a trovare effettività a causa di una regolazione dei compiti delle autorità indipendenti che è andata accumulandosi nel tempo senza alcuna coerenza.
OECD. Best Practice Principles for Regulatory Policy: The Governance of Regulators. 2014.
Recensione a cura di Fabrizio Di Mascio
[1] Jordana, J., Levi-Faur, D. e X. Fernandez i Marin. The Global Diffusion of Regulatory Agencies, “Comparative Political Studies”, vol. 44, 2011, pp. 1343-1369.
[2] M. D’Alberti. Le autorità amministrative indipendenti, in G. Vesperini (a cura di), La riforma dell’amministrazione centrale, Giuffrè, 2005; A. La Spina e S. Cavatorto. Le autorità indipendenti, Il Mulino, 2008.
[3] F. De Francesco. Transnational policy innovation. The OECD and the diffusion of regulatory impact analysis. ECPR Press, 2013.
[4] OECD. Recommendation of the Council on Regulatory Policy and Governance, 2012.
[5] Per un inquadramento della ampia letteratura sulla indipendenza delle autorità indipendenti si rimanda a F. Gilardi e M. Maggetti, The independence of regulatory authorities, in D. Levi-Faur (a cura di), Handbook on the Politics of Regulation, Edward Elgar, 2011: 201-214. Di recente una proposta di misurazione della indipendenza delle autorità indipendenti in termini formali e sostanziali è stata proposta da C. Hanretty e C. Koop, Shall the law set them free? The formal and actual independence of regulatory agencies, “Regulation & Governance”, vol. 7, 2013: 195-214.
[6] La distinzione tra patronage, come sistema di nomine discrezionale privo di vincoli procedurali, e public appointment è di M. Flinders, The politics of patronage and public appointments, “Governance”, vol. 22, 2009: 547-570.
[7] G. Majone. The regulatory state and its legitimacy problems, “West European Politics”, vol. 22, 1999: 1-24. Sull’accountability delle autorità si vedano anche: C. Koop, Explaining the accountability of independent agencies, “Journal of Public Policy”, vo. 31, 2011: 209-234; C. Scott, Independent regulators, in M. Bovens, R.E. Goodin, T. Schillemans (a cura di), The Oxford Handbook of Public Accountability, Oxford University Press, 2014.
[8] Sia consentito il rinvio a F. Di Mascio. Partiti e stato in Italia, Il Mulino, 2012.
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