Indice del numero XI-4
- Introduzione, di Federica Cacciatore e Nicoletta Rangone
- «Modernizing the administrative procedure act»: Perché riformare la legge sul procedimento amministrativo statunitense? Proposte a confronto, di Leonardo Parona
- RenAIssance, la strategia nazionale del MiSE per l’Intelligenza Artificiale, di Patrizia Calabrese
- La qualità della regolazione presso le assemblee legislative nazionali, di Gianluca Sgueo
- Una rassegna dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) sulle migliori pratiche di valutazione delle politiche pubbliche, di Fabrizio De Francesco
- La regolazione dei network/infrastructure sectors durante la pandemia COVID-19. Il documento OCSE sul Network of Economic Regulators, di Michele Barbieri
- Nudging regulators: una spinta gentile verso una regolazione più efficace, di Francesco Savo Amodio
- Recensione. I commenti di massa nelle consultazioni pubbliche: l’analisi di S.J. Balla (et al.) sull’esperienza statunitense in materia ambientale, di Carolina Raiola
Introduzione al numero XI-4
di Federica Cacciatore e Nicoletta Rangone
Chiudiamo, con questo ricco numero di ottobre 2020, un anno peculiare anche per ciò che attiene ai temi legati alla regolazione. I contributi che ospitiamo spaziano dalla riforma amministrativa negli USA, alla recente strategia nazionale per la regolamentazione dell’intelligenza artificiale, passando per le più rilevanti comparazioni sulle pratiche di valutazione delle policies proposte, rispettivamente, dall’Unione Europea e dall’OCSE. Restando nell’ambito OCSE, non manca uno sguardo doveroso a come è cambiata la regolazione delle attività economiche come effetto della pandemia da COVID-19. Un altro tema caldo affrontato in questo numero è quello del nudge e delle sue potenzialità. Il numero si chiude con la recensione di un recente studio sull’utilizzo dei commenti di massa nelle consultazioni pubbliche.
Nel dicembre del 2019 il Department of Justice ha riunito studiosi, operatori del diritto e decisori pubblici per discutere possibili interventi di modernizzazione della legge sul procedimento amministrativo nordamericana del 1946. Il commento di Leonardo Parona mette brillantemente in luce come l’agire concreto delle amministrazioni si sia progressivamente caratterizzato per un ruolo recessivo dell’adjudication rispetto al rule-making, quest’ultimo, peraltro, sempre più basato su procedure informali e leggi ad hoc. Al contempo le guidances hanno assunto un ruolo e una dimensione numerica tale da essere state efficacemente definite in dottrina unorthodox rulemaking, esito che finisce per rendere imprevedibile l’azione amministrativa. A fronte di un evidente allontanamento dal modello procedimentale delineato dalla disciplina del procedimento, i rimedi discussi per contenere i fenomeni menzionati rischiano però di risolversi in una valorizzazione del ruolo del Congresso e del Presidente a scapito degli spazi decisionali delle amministrazioni, esito che potrebbe ripercuotersi negativamente – tra l’altro – sulle ragioni stesse alla base dell’istituzione delle agenzie amministrative.
La recente strategia industriale presentata dal MISE per l’intelligenza artificiale (AI), suggestivamente denominata RenAIssance, è al centro del contributo di Patrizia Calabrese. La strategia mira a contribuire al Piano coordinato fra l’Unione Europea e gli Stati membri, previsto dall’apposita comunicazione del 2018 da parte della Commissione, secondo la quale ciascun Paese dovrà dotarsi di una propria strategia, allo scopo di favorire la competitività dell’Europa nel panorama mondiale delle tecnologie emergenti. Il piano per l’Italia, redatto da trenta esperti di nomina ministeriale e pubblicato lo scorso luglio a seguito una consultazione pubblica, mira a perseguire due percorsi complementari: da una parte, quello a sostegno dell’ecosistema ecologico e produttivo, dall’altra quello del miglioramento della qualità della vita degli individui in un’ottica sostenibile, secondo l’approccio “AI for good”. Lo sviluppo industriale, in altri termini, dovrà rispettare la vita e le priorità della comunità, in termini culturali e materiali, mantenendo un approccio human centered. Particolare importanza, nella strategia, viene data alla sensibilizzazione e all’informazione sui vantaggi e gli svantaggi derivanti dall’utilizzo dell’IA, seguendo il principio secondo cui più si è informati, meglio si potranno utilizzare queste nuove tecnologie. Essa ipotizza, inoltre, l’istituzione di un “CERN italiano” sull’AI, in grado di attrarre nel nostro paese capitali nel comparto hi-tech e nel relativo indotto, oltre che di creare concrete opportunità di crescita per i professionisti e i ricercatori italiani.
Nel contributo di Gianluca Sgueo si dà conto dell’adozione degli strumenti di better regulation da parte delle assemblee legislative nazionali, partendo da una recente analisi comparativa condotta dal centro studi del Parlamento Europeo. A fronte del ridimensionamento, registrato negli ultimi anni, del ruolo dei parlamenti occidentali nel processo normativo, dovuto a una concomitanza di cause, essi restano strutture essenziali per il processo democratico, in grado di intervenire, orientandolo, lungo l’intero processo di produzione normativa. Ne emerge un quadro variegato. Se, per un verso, molte assemblee parlamentari applicano le strategie di better regulation, la qualità e quantità degli approcci, per l’altro verso, può variare in modo significativo. Alle compagini parlamentari che investono tempo e risorse per garantire la qualità della regolazione, attraverso analisi di impatto ex ante ed ex post, si affiancano parlamenti che ne fanno uso saltuariamente, oppure solo riguardo ad alcune attività – quelle di monitoraggio ad esempio. Variano anche per numero e composizione le strutture amministrative deputate all’esercizio delle funzioni di valutazione.
A una analisi comparata delle attività di valutazione, anche in questo caso sia ex ante sia ex post, è dedicato il documento dell’OCSE analizzato da Fabrizio De Francesco. Ciò che sorprende, come sottolinea l’autore, è l’ambito della comparazione, essendo la prima volta che l’OCSE si occupa della policy evaluation in modo sistematico. Un altro elemento innovativo dello studio è l’attenzione al tema della qualità delle istituzioni preposte alla valutazione, che va al di là della tradizionale mera analisi degli strumenti amministrativi e regolatori, quali l’AIR o la VIR, al fine di individuare le possibili cause dei gap di implementazione di tali strumenti, che in molti casi ne compromettono tuttora l’efficacia. Tuttavia, come viene fatto osservare, il documento presenta un limite rilevante nella scarsa attenzione riservata all’impianto teorico del concetto di sistematizzazione della valutazione, alimentando il paradosso per cui, malgrado i continui richiami alla necessità di sistematizzazione delle politiche e degli strumenti di valutazione, sia proprio questo uno degli anelli mancanti del report.
L’azione di monitoraggio dell’OCSE in tempi di pandemia rappresenta lo spunto per il contributo di MicheleBarbieri. Lo scorso luglio, in particolare, l’organizzazione internazionale ha reso pubblico un compendio delle regolazioni fino allora adottate dai regolatori membri del Network of Economic Regulators (NER) per fronteggiare la crisi sanitaria, economica e sociale determinata dal COVID-19, con riferimento ai settori e alle infrastrutture della comunicazione digitale, del settore idrico, energetico e dei trasporti. Ne emerge, a detta del Segretario generale dell’OCSE, un «alto grado di resilienza» delle autorità di regolazione chiamate a fare fronte all’emergenza, che dovrebbe fornire una formidabile opportunità di apprendimento sul campo. Tuttavia, non si può sottovalutare come le misure di regolazione adottate in questo contesto perseguano per lo più obiettivi di breve termine, pur producendo effetti di medio-lungo termine nei settori e nei confronti degli operatori economici regolamentati, non sempre auspicabili. Si pone quindi la necessità di predisporre regolazioni di ampio respiro per far fronte alle nuove sfide che si configurano in settori cruciali nell’economia.
Francesco Savo Amodio commenta uno studio del Behavioural Insight Team inglese su quello che viene efficacemente definito il behavioural government. Alla luce della ormai condivisa constatazione che bias ed euristiche sono in grado di condizionare l’agire istituzionale, oltre a quello degli individui, lo studio mette in rilevo il rischio che tali meccanismi (come il group reinforcement o l’illusion of similarity) possano incidere negativamente sull’effettività delle decisioni e, in casi limite, sortire effetti di blocco del processo decisionale (inter-group opposition bias). Lo studio suggerisce alcune modalità organizzative e procedurali che possono aiutare a contrastare o limitare l’impatto di questi e altri bias, principalmente incentrate sulla trasparenza e l’apertura del processo decisionale, così come sul monitoraggio e il riesame progressivo delle posizioni. Tra i vari spunti di interesse, vi è quello che, constatata l’erroneità della diffusa convinzione che la collaborazione tra più individui stimoli il confronto tra diversi punti di vista, evidenzia che il group reinforcement bias porta invece coloro che hanno idee diverse dal gruppo a rinunciarvi ritenendole errate, a detrimento della qualità della decisione finale; per cercare di neutralizzare questo bias, viene evidenziata l’importanza di gruppi di lavoro multidisciplinari e si descrive la sperimentazione del cosiddetto ThinkGroup, un modello di confronto che consente di contribuire anonimamente alla compilazione di un documento online.
Il numero si conclude con una recensione di Carolina Raiola al saggio sui commenti di massa frutto di campagne di mobilitazione collettiva nelle consultazioni pubbliche di Steven J. Balla, Alexander R. Beck, Elizabeth Meehan e Aryamala Prasad (“Lost in the flood?: Agency responsiveness to mass comment campaigns in administrative rulemaking”). Dall’analisi dell’attività dell’Environmental Protection Agency statunitense emerge che i commenti di massa, vale a dire le risposte pre-formulate da associazioni e organizzazioni inviate da singoli nel corso di una consultazione, tendono ad avere una influenza molto limitata sulla decisione finale. In base ai dati raccolti dagli autori, i commenti di massa sembrano così essere percepiti dal decisore pubblico quasi come un fastidioso appesantimento e non in quanto espressione di democrazia partecipativa, con il rischio che indicazioni rilevanti per il processo decisionale non siano prese in adeguata considerazione.
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