La VIR nel parere del Consiglio di Stato al Decreto correttivo del nuovo codice dei contratti pubblici

Il 30 marzo 2017, il Consiglio di Stato ha reso il parere sul decreto correttivo del nuovo codice dei contratti pubblici. E’ stata ribadita la necessità di una attenta ed esaustiva verifica di impatto (la cd. VIR), per identificare (e subito ridurre) eventuali difficoltà di comprensione/interpretazione delle nuove norme da parte di tutti i destinatari, nonché per prevenire il possibile contenzioso.

Ad avviso della Commissione consultiva Speciale (appositamente istituita), i decreti “integrativi e correttivi” hanno un ruolo essenziale. Con essi, infatti, si può (e si deve) intervenire, da un lato, per garantire la “qualità formale” del testo (attraverso l’eliminazione di illegittimità, refusi, difetti di coordinamento, errori tecnici, illogicità, contraddizioni); dall’altro – e forse soprattutto – per apportare le correzioni e le integrazioni che l’applicazione pratica renda opportune, se non indispensabili, per il buon funzionamento della riforma.

Non a caso, già con il primo parere al Codice dei contratti pubblici (1° aprile 2016 n. 855), il Consiglio di Stato aveva avuto modo di affermare che un’attività diversa, ma non meno importante di quella attuativa, è l’attività di monitoraggio e di valutazione ex post dell’impatto della regolazione, anche “quale punto di partenza essenziale per i successivi interventi correttivi e di fine tuning della riforma”.

Tornando allo schema di correttivo in esame, la Commissione Speciale giudica la scheda VIR trasmessa del tutto carente, generica e lacunosa.

Essa, infatti, nella Sezione dedicata appunto alle “Criticità”, si limita a dare genericamente atto dello svolgimento di un’indagine conoscitiva parlamentare e della ricognizione, da parte della Cabina di regia, dello stato di attuazione del codice, attraverso una consultazione rivolta ai RUP delle stazioni appaltanti. Nel descrivere i risultati acquisiti tramite questi strumenti di conoscenza, la VIR si presenta lacunosa: infatti, si limita solo ad indicare, in modo spesso generico, i macro-istituti o i macro-settori rispetto ai quali sarebbero state segnalate criticità, senza, tuttavia, spiegare in alcun modo il legame funzionale esistente tra i risultati delle indagini svolte e le modifiche introdotte con il correttivo. In molti casi, non è dato, così, comprendere la giustificazione delle misure correttive introdotte rispetto alle concrete esigenze emerse nella prassi applicativa.

Emblematica di tale inadeguatezza è la stessa “Sintesi della VIR”, nella quale, in poche righe, ci si limita, da un lato, a dare atto della sostanziale impossibilità di avere il quadro complessivo dell’impatto del codice (in ragione del breve tempo trascorso e in attesa del completamento della disciplina attuativa) e, dall’altro lato, ad indicare interventi migliorativi e correttivi “sulla base delle esperienze applicative maturate nel corso del breve periodo di vigenza dello stesso, con l’obiettivo di risolvere le criticità segnalate dagli operatori del settore e dai privati”.

Si tratta, tuttavia – ad avviso della Commissione Speciale – di espressioni tautologiche e apodittiche, che non sono in grado di fare emergere l’effettivo impatto prodotto dal codice nei primi mesi di vita e che, di conseguenza, si rivelano inidonee ad evidenziare le specifiche criticità applicative alle quali il correttivo in esame vorrebbe dare risposta.

Anche gli indicatori utilizzati per “misurare” l’impatto del codice (ovvero la domanda di contratti pubblici in termini sia di numero delle procedure di affidamento, sia di valore dell’importo complessivo di contratti messi a gara) si rivelano, per molti versi inadeguati. Secondo il Consiglio di Stato, esistono, infatti, altri significativi indicatori che non possono essere trascurati nell’ambito della verifica dell’impatto della nuova disciplina, quali, ad esempio,: i tempi medi di conclusione delle procedure di gara; i dati relativi all’offerta di contratti pubblici da parte delle imprese, la quantità (e i tempi) del contenzioso; il numero dei ricorsi accolti; la funzione effettivamente deflattiva dei nuovi strumenti di precontenzioso affidati all’ANAC.

Manca, ancora, un’analisi dettagliata delle prassi applicative seguite dalle stazioni appaltanti e della loro rispondenza agli obiettivi perseguiti con il codice. Sotto questo profilo, si evidenzia la lacunosità della scheda VIR nella parte in cui si limita a dare atto dell’assenza di segnalazioni relative all’inosservanza della prescrizioni del codice da parte dei destinatari, senza alcuna ulteriore indicazione. Si tratta, evidentemente, di un riscontro insufficiente a verificare la realizzazione del principale obiettivo di ogni riforma, ovvero che essa sia stata effettivamente percepita da amministrazioni e imprese e che i principali profili di novità non siano vanificati da prassi applicative elusive o conservative.

Deve, in conclusione, constatarsi la mancanza di una effettiva rilevazione, “in concreto”, delle disfunzioni della normativa vigente, ovvero del mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Il mancato raccordo tra monitoraggio, VIR e correttivo rappresenta secondo il Consiglio di Stato la vera occasione mancata dello schema di decreto in esame, che, in assenza di una adeguata analisi preventiva, rischia di trasformarsi in un intervento poco efficace, se non oneroso e controproducente.

A tali considerazioni va aggiunto che una parte importante della riforma degli appalti è stata affidata ad atti attuativi non ancora varati. Sicché, per tali ambiti, è oggettivamente impossibile procedere a correzioni precedute da verifica di impatto della regolazione, atteso che gli istituti non hanno avuto pratica applicazione (la stessa scheda VIR dà atto di tale impossibilità). Pertanto, secondo il Consiglio di Stato, il Parlamento dovrebbe prevedere almeno un ulteriore biennio, decorrente dal 19 aprile 2017, per le correzioni necessarie.

In ogni caso, il Consiglio di Stato tiene a precisare che ogni successiva modifica dovrà avvenire nel rispetto della “riserva di codice” (e non con disposizioni ad esso esterne) e sempre valutando, attraverso un attento utilizzo degli strumenti di qualità della regolazione, il costo delle innovazioni a carico di privati e imprese.

di Simona Morettini