La nuova strategia per il mercato unico in Europa: un’applicazione concreta del Better Regulation Package

di Virna Colantuoni(*)

SingleMarketIntegration_UE

In data 28 ottobre 2015 la Commissione europea ha pubblicato la Comunicazione Upgrading the Single Market: more opportunities for people and business, unitamente ad un Commission Staff Working Document intitolato A Single Market Strategy for Europe-Analysis and Evidence e a un Report on single Market Integration and Competitiveness in the EU and its Member States.

Con la Comunicazione la Commissione fa il punto sul Mercato Unico di beni e servizi nell’Unione e dà l’avvio a un ambizioso progetto di revisione che fa seguito al working programme[1] enunciato dalla medesima Commissione europea all’inizio del corrente mandato, in cui la realizzazione effettiva di un mercato efficiente ed equo è indicata come una delle 10 priorità politiche.

In effetti, il Mercato Unico è uno dei traguardi più importanti raggiunti nell’UE che per oltre 20 anni ha consentito alle imprese di beneficiare di economie di scala rendendole maggiormente competitive, offrendo ai consumatori una scelta più ampia di prodotti e servizi a prezzi più bassi[2]. Ciò nonostante, la Comunicazione nel prendere atto dell’esistenza delle numerose e significative barriere economiche che permangono (in particolare nel settore dei servizi), enuncia il proprio intento di portare avanti una Single Market Strategy costituita da una serie di misure volte a  stimolare la crescita e l’occupazione in UE, riallocando, in particolare, le risorse all’interno del Mercato Unico e provvedendo a un migliore inserimento delle imprese europee nel contesto internazionale, ponendo particolare attenzione alle PMI e startup. Si tratta di interventi che, negli auspici della Comunicazione, dovrebbero comportare una consistente riduzione dei costi di indebitamento, migliorare il finanziamento delle startup e ampliare la  base degli investitori e, allo stesso tempo, rendere più agevole alle imprese europee l’accesso ai finanziamenti collegandole direttamente agli investitori.

Le misure per la Single Market Strategy che la Commissione intende adottare possono raggrupparsi in tre macro-obiettivi:

  1. Creare opportunità per i consumatori, professionisti e imprese, permettendo uno sviluppo dell’economia collaborativa[3], offrendo alle start-up una possibilità di crescita in via transfrontaliera, sbloccando gli investimenti (in particolare per le PMI), e creando un “passaporto dei servizi” per le imprese. In questo segmento di interventi rientra altresì un Piano di azione sull’IVA. E’ prevista una revisione della regolamentazione delle professioni e specifici interventi sulle restrizioni per le vendite al dettaglio per prevenire la discriminazione ingiustificata dei consumatori e degli imprenditori. E’ prevista inoltre una proposta legislativa per le insolvenze, che terrà conto delle ristrutturazioni aziendali e della possibilità di riportare in bonis le imprese (la cd. “second chance”). Con tali misure si intende ridurre gli oneri amministrativi a carico delle imprese all’inizio dell’attività e facilitare l’uso di tecnologie digitali e fusioni transfrontaliere.
  2. Modernizzare e innovare, assicurando agli appalti pubblici una maggiore trasparenza, efficienza, sostenibilità e responsabilità sociale d’impresa (RSI), promuovendo l’innovazione negli appalti e modernizzando la normativa sulla tutela della proprietà intellettuale nell’UE e sui relativi diritti. La Commissione intende istituire un meccanismo di valutazione ex ante volontario in materia di appalti relativi a progetti infrastrutturali su larga scala. In tale progetto si prevede l’istituzione di un registro dei contratti per assicurare una migliore trasparenza e accertare più facilmente eventuali irregolarità esistenti o potenziali.
  3. Garantire una effettiva distribuzione dei benefici per consumatori e per le imprese nel quotidiano, adottando un approccio collaborativo per l’applicazione e l’attuazione, migliorando l’applicazione della direttiva sui servizi attraverso la riforma della procedura di notificazione e il rafforzamento del Mercato Unico. A ciò si affianca la presentazione di un Piano d’azione per una revisione della regolamentazione relativa al meccanismo del mutuo riconoscimento e una serie di azioni per migliorare ulteriormente gli sforzi per individuare i prodotti non conformi al mercato comunitario, rafforzando la sorveglianza sul mercato e fornendo gli opportuni incentivi agli operatori economici.

La Comunicazione, al pari di recenti iniziative, è corredata da un cronoprogramma in cui sono scandite le iniziative da assumere in ciascun settore e i tempi per la relativa realizzazione, comunque contenuti nel triennio 2016-2018. Al termine di tale periodo, la Commissione si è impegnata a verificare lo stato dell’arte per valutare la necessità di ulteriori interventi funzionali a raggiungere l’obiettivo di realizzare un Mercato Unico nell’UE più efficace ed equo.

La Single Market Strategy, imponente per i traguardi che si prefigge di raggiungere, è strettamente compenetrata con le altre iniziative che la Commissione ha di recente adottato[4] e, in particolare, con il Better Regulation Package. Non a caso la Comunicazione esprime consapevolezza circa il fatto che la realizzazione del progetto sul Single Market deve necessariamente passare attraverso una coerenza e certezza regolatoria relativamente ai provvedimenti che verranno assunti. In altri termini, negli intenti della Commissione, la regolazione di qualità diviene, nel contesto della strategia per il Mercato Unico, lo strumento di supporto per le decisioni politiche per ottenere i “better results”. Del resto, l’obiettivo della strategia per la better regulation è quello di rendere più concreta l’azione normativa, ma soprattutto deve consentire un apprezzamento condiviso delle modifiche con il coinvolgimento di una platea di soggetti interessati che sia il più vasta possibile. A tal fine, la Commissione ha espressamente dichiarato che l’attuazione della Single Market Strategy deve avvalersi della REFIT Platform per consentire la corretta identificazione delle barriere che si frappongono alla realizzazione del Mercato Unico e individuare i rimedi per provvedere alla loro riduzione o rimozione. Con il progetto strategico sul Mercato unico, il REFIT ha l’occasione di apprestare la “regolamentazione migliore”, proprio perché i soggetti interessati ad interloquire con le Istituzioni non sono solo i cittadini e le imprese che auspicano l’eliminazione delle prassi burocratiche e la riduzione dei costi senza compromettere gli obiettivi politici, ma chiunque voglia esprimere la propria opinione. Secondo il Progetto della Commissione, infatti, ogni parte interessata, che voglia segnalare preoccupazioni o suggerimenti può trasmettere alla Piattaforma il proprio parere sull’impatto della legislazione in divenire su tali settori sensibili per le imprese e suggerire come migliorarla (nel caso di specie potrebbero essere, ad esempio, “ostacoli alla digitalizzazione” o “ostacoli all’innovazione”), proponendo soluzioni concrete alla Commissione. In tal modo, attraverso il REFIT le proposte normative dovrebbero cessare di essere prodotte “in laboratorio”, per agganciarsi finalmente alle effettive esigenze di cittadini e imprese.

Deve tuttavia considerarsi che, nonostante l’approccio varato dalla Commissione sia pienamente condivisibile e coerente, potrebbero sussistere non pochi ostacoli ad un effettivo funzionamento della normativa in itinere. Il REFIT, infatti, potrebbe non essere sufficiente ad apprestare una normativa di qualità se poi, come sovente accade, le proposte legislative formulate dalla Commissione (che, nel caso della Single Market Strategy, risultano molto corpose), alla fine del processo legislativo, vengono adottate dai due co-legislatori, Consiglio UE e Parlamento UE, in una forma decisamente distante dalla proposta iniziale e non sorretta dalle analisi di impatto poste a corredo della stessa[5]. Tale rischio diventa più reale tanto più il settore di mercato su cui si innesta l’intervento normativo è oggetto di interessi contrapposti di talché l’atto legislativo finale non può che essere il frutto di un compromesso normativo. E ciò riguarda soprattutto la trasposizione di direttive che non siano di massima armonizzazione ovvero quando esse lascino spazi opzionali agli Stati membri chiamati a compiere scelte precise, spesso e volentieri in funzione della tutela del mercato interno o della concorrenza.

Tali rischi tuttavia potrebbero essere smorzati dagli effetti dell’Interinstitutional Agreement proposto nell’ambito del Better Regulation Package, non ancora siglato tra Commissione, Consiglio e Parlamento europeo. In base alla proposta, le tre istituzioni si impegnano a garantire che il processo legislativo risponda appieno ai principi di una regolamentazione di qualità, semplificando la legislazione e riducendo, o eliminando, gli oneri regolamentari inutili per le imprese, amministrazioni e cittadini, ma soprattutto esse convengono sulla necessità di disporre di una normativa chiara e comprensibile, che focalizzi con certezza gli obblighi e i diritti. A tal fine, nella proposta di accordo interistituzionale è previsto, per la prima volta, che il Parlamento e il Consiglio si impegnino a svolgere qualsiasi considerazione sulle proposte legislative della Commissione europea partendo dall’analisi di impatto poste a corredo e a produrre, in qualsiasi momento del processo legislativo, una valutazione di impatto sui propri emendamenti[6] laddove essi modifichino in modo sostanziale i contenuti della proposta originaria della Commissione. Ove attuato, ciò dovrebbe assicurare una maggiore coerenza e consapevolezza alle scelte politiche sottostanti al processo legislativo.

L’obiettivo di uniformità cui aspira la Single Market Strategy può poi essere messo in discussione dalle modalità con cui sarà effettuato il recepimento delle normative UE da parte degli Stati membri, posto che il processo di trasposizione del diritto europeo in ambito domestico costituisce da sempre uno degli aspetti cruciali per il raggiungimento dell’obiettivo della convergenza normativa tra gli Stati membri. La trasposizione occupa infatti un posto centrale nella better regulation in quanto affronta, tra gli altri, il problema della chiarezza della legge e determina una serie di scelte difficili che non sono esercitate in un “vacuum”, bensì indotte da interessi, da istituzioni e individui con una matrice politica o economica ben definita.

Peraltro, è solo attraverso la trasposizione nel diritto nazionale (e, dunque, nella fase discendente del processo legislativo) che la normativa comunitaria diviene action in law; in assenza di un atto di recepimento, le fonti comunitarie[7] (soprattutto) le direttive, presentano un elevata probabilità di   frammentazione e scarsa applicazione. Ulteriori anomalie provengono da alcune pratiche poste in essere dagli Stati membri in fase di attuazione della legislazione comunitaria che possono risultare oltremodo critiche per il raggiungimento dell’obiettivo di “Legiferare meglio”. Tra le altre, esse possono essere identificate, nel ritardo nell’implementazione, nell’avvio delle procedure di infrazione, nella diretta applicazione delle norme self executing ovvero nell’efficacia verticale ascendente delle norme sovranazionali in caso di inerzia legislativa, nel goldplating, nelle modalità di esercizio delle opzioni regolatorie, del mancato adattamento del corpus normativo nazionale e dell’intervento sussidiario dell’Autorità di vigilanza nel settore di riferimento, etc.. Ad esse il Better Regulation Package ha posto particolare attenzione e rivolto un monito agli Stati membri per la realizzazione di una regolamentazione di qualità. È tuttavia evidente che l’intento dilatorio importato da tali pratiche possa divenire di apprezzabile consistenza in un settore come quello del mercato interno dove si fronteggiano una pluralità di interessi contrapposti.

(*) Virna Colantuoni (CONSOB). Il presente contributo impegna solo l’autrice e non l’Istituto di appartenenza.

 

[1] Il 27 ottobre 2014 la Commissione Juncker ha adottato il suo programma di lavoro per il 2016 con cui è stato ribadito l’impegno a favore delle 10 priorità politiche indicate negli orientamenti politici del Presidente. In particolare, il programma di lavoro prevede 23 iniziative fondamentali imperniate sulle 10 priorità politiche della Commissione, 20 ritiri o modifiche di proposte pendenti e 40 azioni REFIT per riesaminare la qualità della normativa vigente dell’UE.

[2]. Peraltro, l’eliminazione degli ostacoli regolamentari e non, che ostano ad una piena realizzazione di un Mercato Unico, è identificata come una priorità nell’Annual Growth Survey. Cfr. COM (2014) 902.

[3] Più nota come “collaborative consumption”, vale a dire consumo collaborativo,  o sharing economy , cfr. K. Stokes, E. Clarence, L. Anderson, A. Rinne, “Making sense of the UK collaborative economy”, 2014.

[4] L’iniziativa in commento è coerente con l’Investment Plan for Europe e con lo European Fund for Strategic Investments quali misure adottate per contrastare il calo degli investimenti sviluppando un contesto più favorevole per gli investimenti, assicurando maggiore certezza normativa e rafforzando ulteriormente il Mercato Unico. Essa va inoltre ad aggiungersi agli altri interventi effettuati dalla Commissione UE, quali ad esempio, la European Energy Union, per garantire ai consumatori e alle imprese l’accesso all’energia a prezzi accessibili e realizzando di fatto un mercato interno per l’energia, la Digital Single Market Strategy, per migliorare l’accesso dei consumatori e delle imprese a beni e servizi on-line, e per massimizzare il potenziale di crescita dell’economia digitale in Europa e, infine l’Action Plan on Building a Capital Markets Union (COM(2015) 468 final) con cui si dovrebbe rendere il sistema finanziario più stabile e maggiormente concorrenziale. A queste devono aggiungersi iniziative con la Circular Economy Package, che determinerà nuovi vantaggi competitivi per l’Europa, il Labour Mobility Package, così come  la recente Directive on Tax rulings e il Piano d’azione per la fiscalità, onde garantire che le imposte siano pagate laddove si generano profitti.

[5] Si pensi alle Tavole dei Triloghi nelle quali è apprezzabile ictu oculi la distanza tra la proposta legislativa iniziale e gli emendamenti apportati dai due soggetti legislatori, a tacer delle analisi di impatto che finora hanno supportato unicamente la proposta della Commissione; ma soprattutto appare evidente come il testo normativo adottato all’esito del negoziato sia frutto di compromessi tra le Istituzioni politiche, con le conseguenti ricadute in termini di costi e benefici. Non a caso la Comunicazione sulla Better regulation pur riconoscendo al Parlamento europeo e al Consiglio il diritto di emendare i testi legislativi richiama questi ultimi alla necessità di tener conto delle ripercussioni dei loro emendamenti.

[6] In realtà le clausole della proposta di accordo riecheggiano i contenuti del Report dell’ECON, pubblicato nel febbraio 2014, con il quale il Parlamento UE aveva individuato i modi per migliorare ulteriormente la coerenza della legislazione UE sui servizi finanziari, in prospettiva dell’adozione di un single rule book, commentato in questa rivista.

[7] Per i Regolamenti europei sebbene essi siano di diretta applicazione negli Stati membri si rende necessario predisporre  a livello nazionale le misure atte a consentirne  l’applicazione. In altri termini, l’ordinamento nazionale deve creare l’ambiente normativo adeguato, eliminando, codificando ovvero modificando le disposizioni preesistenti   preparandosi quindi ad accogliere la normativa europea.