La consultazione come forma di legalità procedurale: la sentenza n. 69/2017 della Corte costituzionale sul contributo all’ART

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La Corte costituzionale si è recentemente espressa (sentenza n. 69 del 2017) sulla legge che disciplina la modalità di finanziamento dell’Autorità per la regolazione dei trasporti (di seguito anche ART), ritenendola costituzionalmente legittima anche grazie al fatto che la stessa avesse sottoposto a consultazione il documento concernente la determinazione del contributo per il funzionamento dell’Autorità per l’anno 2017.

La questione era arrivata alla giudice delle leggi in via incidentale attraverso un’ordinanza del 17 dicembre 2015 per mezzo della quale il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte aveva sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’art. 37, comma 6, lettera b), del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il consolidamento dei conti pubblici), in riferimento agli artt. 3, 23, 41 e 97 della Costituzione.

Il giudice rimettente era stato adito da alcune società che esercitano attività connesse con il trasporto (magazzinaggio, distribuzione, logistica, consulenza per la distribuzione, trasporto merci, trasporto espresso, spedizione, brokeraggio doganale, gestione di terminal portuali, handling aeroportuale, corriere espresso), nonché da loro associazioni, e alle quali l’ART aveva chiesto il versamento del contributo a essa dovuto per gli anni 2014 e 2015, come previsto, rispettivamente, dai decreti del Presidente del Consiglio dei ministri 12 febbraio 2014 e 2 aprile 2015, che hanno approvato le delibere dell’ART 23 gennaio 2014, n. 10, e 27 novembre 2014, n. 78, in attuazione di quanto disposto dall’art. 37, del decreto-legge n. 201/2011, oggetto di ricorso [1].

In particolare, ad avviso del TAR, tale disposizione avrebbe violato, in primo luogo, l’art. 23 della Costituzione, perché avrebbe imposto una prestazione patrimoniale sulla base di una previsione legislativa insufficientemente determinata sotto diversi profili: in riferimento al tetto massimo totale dei contributi prelevabili (c.d. soglia di prelievo); in ordine alla base imponibile, ancorata al concetto di «fatturato», di per sé opinabile; infine, per i criteri utilizzati per delimitare la platea dei destinatari, individuati in base al mercato dei trasporti e dei servizi accessori, oggetto delle competenze dell’ART.

In secondo luogo, secondo il giudice amministrativo sarebbe stato altresì violato l’art. 3 Cost., perché soggetti eterogenei sarebbero stati parificati nella qualità di obbligati al contributo. A ciò si aggiungeva il fatto che non sarebbero state previste neppure forme di partecipazione procedimentale idonee a circoscrivere la discrezionalità amministrativa nella determinazione del contributo.

In terzo luogo, sarebbe stato violato l’art. 41 Cost., perché sarebbero stati imposti oneri imprevedibili a imprenditori del settore dei trasporti, in pregiudizio alla loro libertà di iniziativa economica.

In quarto luogo, sarebbe stato violato anche l’art. 97 Cost., perché la partecipazione delle imprese del settore al procedimento di determinazione del contributo avrebbe messo in pericolo l’indipendenza dell’ART dai poteri economici e, quindi, la sua neutralità, realizzando una cattura del regolatore da parte del regolato.

La Corte ha ritenuto non fondato il ricorso.

Infatti, in riferimento all’art. 23 Cost., la Corte ha riconosciuto che il contributo previsto dalla disposizione impugnata costituisca senza dubbio una prestazione patrimoniale imposta e rientri nel campo di applicazione dell’art. 23 Cost., rimanendo soggetto alla riserva di legge ivi prevista. Allo stesso tempo, ha ribadito che la riserva di legge stabilita dall’art. 23 Cost. ha carattere relativo e consente di lasciare all’Autorità amministrativa consistenti margini di regolazione delle fattispecie. La fonte primaria deve comunque stabilire sufficienti criteri direttivi e linee generali di disciplina, richiedendosi in particolare che la concreta entità della prestazione imposta sia desumibile chiaramente dai pertinenti precetti legislativi (sentenze n. 83 del 2015 e n. 115 del 2011): in particolare, il legislatore deve indicare compiutamente «il soggetto e l’oggetto della prestazione imposta, mentre l’intervento complementare ed integrativo da parte della pubblica amministrazione deve rimanere circoscritto alla specificazione quantitativa (e qualche volta, anche qualitativa) della prestazione medesima.

Inoltre, prosegue la Corte, poiché la ratio della riserva di legge di cui all’art. 23 Cost. è contenere la discrezionalità dell’amministrazione e prevenirne gli arbitrii «a garanzia della libertà e proprietà individuale» (sentenza n. 70 del 1960), l’eventuale indeterminatezza dei contenuti sostanziali della legge può ritenersi in certa misura compensata dalla previsione di talune forme procedurali (sentenza n. 83 del 2015) aperte alla partecipazione di soggetti interessati e di organi tecnici [2].

La valorizzazione di forme di legalità procedurale previste dalla legge, ai fini della valutazione del rispetto dell’art. 23 Cost., vale, in particolare, nei settori regolati delle autorità amministrative indipendenti, laddove vengano in rilievo profili caratterizzati da un elevato grado di complessità tecnica: infatti, in questi casi, la difficoltà di predeterminare con legge in modo rigoroso i presupposti delle funzioni amministrative attribuite alle autorità comporterebbe un inevitabile pregiudizio alle esigenze sottese alla riserva di legge, se non fossero quantomeno previste forme di partecipazione degli operatori di settore al procedimento di formazione degli atti.

Nel caso specifico dell’ART, la Consulta afferma, in primo luogo, che la disposizione censurata attribuisce in modo esplicito all’Autorità dei trasporti il potere di determinare il contributo in questione e che, altrettanto chiaramente, fissa un limite massimo all’aliquota impositiva, in misura non superiore all’uno per mille del fatturato.

In secondo luogo, da punto di vista procedimentale, l’art. 37, comma 6, lettera b), non attribuisce in via esclusiva all’ART il potere e la responsabilità di fissare la misura del contributo ma prevede, al contrario, che l’atto annuale dell’autorità sia approvato dal Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze (con la possibilità che essi esprimano rilievi, ai quali la stessa autorità deve conformarsi). Tale iter risulta idoneo a sviluppare, attraverso la dialettica tra le autorità coinvolte, un confronto tra i vari interessi generali e settoriali, anche di ambito economico e l’intervento del Presidente del Consiglio e del Ministro dell’economia e delle finanze costituisce un significativo argine procedimentale alla discrezionalità dell’ART e alla sua capacità di determinare da sé le proprie risorse.

La Corte ha inoltre sottolineato come l’ART abbia ritenuto di coinvolgere anche le categorie imprenditoriali interessate sia per mezzo della «procedura di informazione alle Associazioni di categoria» (delibera 23 gennaio 2014, n. 10), sia attraverso delle consultazioni: questo modo di elaborare e motivare atti amministrativi generali – che pure si differenzia da quanto previsto nell’art. 3 e nel Capo III della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) e non è disciplinato, per quanto riguarda l’ART, da puntuali disposizioni di legge – può considerarsi il portato, giuridicamente doveroso (sentenza n. 41 del 2013), di quella declinazione procedurale del principio di legalità, che è ritenuta dalla giurisprudenza amministrativa tipica delle autorità indipendenti (tra le molte, Consiglio di Stato, sesta sezione, 24 maggio 2016, n. 2182) e rappresenta un utile, ancorché parziale, complemento delle garanzie sostanziali richieste dall’art. 23 Cost.

In estrema sintesi, la Consulta ha riconosciuto che la procedura di consultazione spontaneamente attuata dall’Autorità per la regolazione dei trasporti è stata un elemento che ha contribuito a limitare la discrezionalità della stessa Autorità ed ha costituito una forma di legalità procedurale necessaria al rispetto della ratio della riserva di legge di cui all’art. 23 Cost.

(Gabriele Mazzantini)

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[1] L’art. 37, comma 6, lettera b) del decreto legge n. 201/2011 recita testualmente che l’attività di regolazione dell’ART viene finanziata mediante   un   contributo   versato   dai   gestori   delle infrastrutture e  dei  servizi  regolati,  in  misura  non  superiore all’uno  per  mille  del  fatturato  derivanti  dall’esercizio  delle attività svolte percepiti nell’ultimo esercizio.  Il  contributo  è determinato  annualmente  con  atto  del l’Autorità,  sottoposto   ad approvazione da parte del Presidente del Consiglio dei  Ministri,  di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.

[2] In questa logica, è stato dato rilievo alla previsione di determinati «elementi o moduli procedimentali» (sentenza n. 435 del 2001) che consentano la collaborazione di più enti o organi (sentenze n. 157 del 1996 e n. 182 del 1994) – specie se connotati da competenze specialistiche e chiamati a operare secondo criteri tecnici, anche di ordine economico (sentenze n. 215 del 1998, n. 90 del 1994 e n. 34 del 1986) – o anche la partecipazione delle categorie interessate (sentenza n. 180 del 1996).