Il principio di proporzionalità e la manifesta inidoneità di una misura regolatoria. La sentenza della Corte di Giustizia UE Causa C-508/13

La sentenza trae origine dal ricorso presentato dalla Repubblica di Estonia per l’annullamento di alcuni articoli della Direttiva 2013/34/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa ai bilanci d’esercizio ed ai bilanci consolidati di talune tipologie di imprese. L’obiettivo perseguito da tale direttiva è duplice: stabilire norme armonizzate sulle informazioni finanziarie per migliorare la comparabilità dei bilanci d’esercizio delle imprese nell’insieme dell’Unione; evitare che l’applicazione di tali norme costituisca un onere per le piccole imprese, prevedendo talune deroghe riguardo ad esse. A tal fine, il legislatore dell’Unione ha previsto una serie di disposizioni per limitare la possibilità per gli Stati membri di imporre oneri supplementari alle piccole imprese rispetto a quelli previsti dalla direttiva; misure di cui la Repubblica di Estonia contesta la conformità al principio di proporzionalità.

Ad avviso della Ricorrente, infatti, una simile limitazione non è adeguata rispetto agli obiettivi perseguiti dalla direttiva ed oltretutto non costituisce la misura meno vincolante per la realizzazione degli stessi. Da ciò, la denunciata violazione dell’articolo 5 del Protocollo n. 2 sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità. In particolare, riguardo al primo obiettivo (ovvero migliorare la chiarezza e la comparabilità dei bilanci d’esercizio delle imprese nel mercato interno), detto Stato membro sostiene che le proprie norme nazionali sono state elaborate sul modello di quelle internazionali, le quali richiedono informazioni supplementari rispetto a quelle previste dalla direttiva.

La Repubblica di Estonia ritiene, inoltre, che la Commissione europea abbia commesso un errore di valutazione nei criteri considerati nella propria analisi d’impatto della regolazione (in seguito AIR), essendosi basata soprattutto su indicatori quantitativi relativi al numero di piccole imprese, invece che su indicatori qualitativi, come la quota di fatturato di dette imprese nell’economia nazionale. In Estonia, infatti, le piccole imprese contribuiscono in misura maggiore rispetto agli altri Stati membri al fatturato complessivo di tutte le imprese.

Per quanto concerne il secondo obiettivo della direttiva (riduzione dell’onere amministrativo), la Repubblica di Estonia afferma che l’applicazione del divieto non comporterà una limitazione degli obblighi di fornire informazioni a carico delle piccole imprese, bensì, solamente, un trasferimento di tale obbligo, in quanto le informazioni che non dovranno più figurare nel bilancio continueranno ad essere richieste da alcune autorità nazionali.

A difesa della direttiva, il Parlamento e il Consiglio affermano che la decisione del legislatore dell’Unione di differenziare i requisiti in materia di bilanci delle imprese in funzione delle loro dimensioni è una scelta politica basata su criteri oggettivi; decisione peraltro assunta dopo aver ponderato tutti gli interessi in gioco. In ogni caso, il principio di proporzionalità richiede che tale scelta costituisca una misura adeguata alla luce degli obiettivi perseguiti dalla direttiva a livello dell’Unione e non alla luce della situazione particolare di uno Stato membro. Entrambe le istituzioni sostengono altresì che una misura siffatta è necessaria al conseguimento di tali obiettivi e che sarebbe, al contrario, sproporzionato imporre alle piccole imprese gli stessi obblighi imposti alle grandi.

Rispetto poi all’AIR, la Commissione afferma che le contestazioni volte dalla Repubblica di Estonia sono infondate, poiché tale analisi è stata realizzata da un contraente esterno secondo la procedura adeguata, previa consultazione del comitato competente e tenendo conto della situazione sia dell’Unione sia di ciascuno degli Stati membri. Sempre a proposito dell’AIR, il Parlamento e il Consiglio sostengono, che, in ogni caso, il richiamo effettuato dalla Repubblica di Estonia all’articolo 5 del protocollo n. 2 è irrilevante, in quanto tale disposizione non si applica alla procedura di elaborazione delle direttive, bensì a quella dei progetti di atti legislativi e non ha carattere vincolante sul modo in cui il legislatore dell’Unione deve procedere per valutare la conformità di un atto legislativo al principio di proporzionalità.

Viste le posizioni delle parti, la Corte, in via preliminare, ricorda che:

  • il principio di proporzionalità, che è parte integrante dei principi generali del diritto dell’Unione, esige che gli strumenti predisposti da una norma siano idonei a realizzare lo scopo perseguito e non vadano oltre quanto è necessario per raggiungerlo;
  • occorre riconoscere al legislatore dell’Unione un ampio potere discrezionale in un settore come quello del caso di specie, che richiede da parte sua scelte di natura politica, economica e sociale e rispetto al quale esso è chiamato ad effettuare valutazioni complesse;
  • di conseguenza, solo la manifesta inidoneità di una misura adottata in tale ambito, in relazione allo scopo che l’istituzione competente intende perseguire, può inficiare la legittimità di tale misura.

Ebbene, nel caso di specie, nel porre il limite agli obblighi supplementari, il legislatore dell’Unione ha inteso sostanzialmente evitare che le piccole imprese fossero tenute a fornire documenti o informazioni di ordine contabile oltre agli obblighi informativi previsti dalla direttiva ad quelli dichiarativi contenuti nelle normative fiscali nazionali. Ad avviso della Corte, un limite di questo tipo è manifestamente idoneo a realizzare uno degli obiettivi previsti dalla direttiva, consistente nel limitare l’imposizione di un maggiore onere amministrativo a carico delle piccole imprese.

Inoltre, la Repubblica di Estonia non ha dimostrato in che modo il legislatore dell’Unione, nel porre detto limite, avrebbe adottato una misura che eccederebbe quanto necessario per il raggiungimento dell’obiettivo perseguito ed in particolare perché essa pregiudicherebbe in modo manifestamente eccessivo l’interesse dei destinatari dei bilanci a fronte dei potenziali benefici in materia di onere amministrativo a carico delle piccole imprese.

Da ultimo, per quanto concerne l’argomento della Repubblica di Estonia secondo cui il principio di proporzionalità sarebbe stato violato in quanto il legislatore dell’Unione non avrebbe tenuto conto della sua situazione particolare, secondo la Corte, occorre rilevare che la direttiva 2013/34 ha un impatto in tutti gli Stati membri e presuppone che sia garantito un equilibrio tra i diversi interessi in gioco, tenuto conto degli obiettivi perseguiti. Di conseguenza, la ricerca di un siffatto equilibrio che non prenda in considerazione la situazione particolare di un solo Stato membro, ma quella dell’insieme degli Stati membri dell’Unione, non può essere considerata contraria al principio di proporzionalità.

Il principio di proporzionalità, che è parte integrante dei principi generali del diritto dell’Unione, esige che gli strumenti predisposti da una norma siano idonei a realizzare lo scopo perseguito e non vadano oltre quanto è necessario per raggiungerlo.
Per quanto riguarda il controllo giurisdizionale delle condizioni menzionate al punto precedente, occorre riconoscere al legislatore dell’Unione un ampio potere discrezionale in un settore come quello del caso di specie, che richiede da parte sua scelte di natura politica, economica e sociale e rispetto al quale esso è chiamato ad effettuare valutazioni complesse. Di conseguenza, solo la manifesta inidoneità di una misura adottata in tale ambito, in relazione allo scopo che l’istituzione competente intende perseguire, può inficiare la legittimità di tale misura.

As a preliminary point, it should be borne in mind that the principle of proportionality, which is one of the general principles of EU law, requires that measures implemented through provisions should be appropriate for attaining the objective pursued and must not go beyond what is necessary to achieve it. With regard to judicial review of the conditions referred to in the previous paragraph, the EU legislature must be allowed broad discretion in an area such as that involved in the present case, which entails political, economic and social choices on its part, and in which it is called upon to undertake complex assessments. Consequently, the legality of a measure adopted in that sphere can be affected only if the measure is manifestly inappropriate having regard to the objective which the competent institution is seeking to pursue.

(Par. 28-29)

Sintesi e massime a cura di Simona Morettini