La prolusione del Prof. Sabino Cassese all’inaugurazione del Master interuniversitario di II livello in Diritto Amministrativo (MIDA), tenutasi il 6 febbraio 2015 presso la Facoltà di giurisprudenza dell’Università di Roma “Sapienza”, è stata dedicata al nudge.
Il termine – che tradotto letteralmente significa “pungolo”, “spinta gentile” – indica una nuova modalità di intervento pubblico che si basa sull’architettura delle scelte. Il ricorso al nudge permette di guidare la condotta dei consociati senza imporre divieti o obblighi, bensì definendo opzioni di comportamento che siano maggiormente suscettibili di essere scelte. Ad esempio, in materia di trapianto di organi, è possibile prevedere la presunzione della volontà di donare, salva espressa volontà contraria del donante (opt-out), oppure richiedere il consenso espresso dell’interessato alla donazione (opt-in). Nel primo caso, generalmente, il tasso di donazione di organi è più elevato. Un’altra applicazione del nudge è il programma Dollar a day, avviato da alcune città statunitensi per contrastare le gravidanze indesiderate delle adolescenti: avendo riscontrato una maggiore incidenza del fenomeno tra le ragazze madri, si è proposto di versare a queste ultime un dollaro per ogni giorno in cui non erano in stato di gravidanza. Il programma ha determinato una riduzione del numero di gravidanze, con costi inferiori rispetto a quelli, sanitari e sociali, che si sarebbero dovuti altrimenti sostenere.
Sviluppate da Cass Sunstein e Richard Thaler nel 2009[1], le tecniche di nudge hanno conosciuto una larga diffusione, soprattutto negli ordinamenti anglosassoni: l’amministrazione Obama ha costituito un team per studiarne possibili applicazioni e nel Regno Unito è stata istituita una Nudge Unit. Anche le istituzioni europee, la Banca Mondiale e la Regione Lazio hanno mostrato interesse per queste tecniche. Il nudge, considerato una forma di “liberitarian paternalism”, è utilizzato principalmente per perseguire finalità di carattere sociale, in ambiti nei quali l’intervento pubblico è più recente come, ad esempio, nei settori della tutela dell’ambiente, dell’etica, della sanità.
Partendo da queste premesse, Cassese confronta il nudge con le tradizionali forme di intervento pubblico. Rispetto a queste ultime, il nudge ha carattere complementare, interstiziale, proprio per la minore incisività che deriva dall’assenza di obblighi o incentivi diretti. Queste nuove tecniche, quindi, non possono trovare applicazione in qualsiasi settore e devono necessariamente coesistere con le altre forme di intervento pubblico.
Sotto un altro profilo, Cassese sottolinea che la mancanza di coercizione non appare sufficiente ad escludere il problema della legittimità del nudge, che influenza il comportamento dei consociati, peraltro in maniera nascosta. Di qui, alcune questioni. Il Parlamento dovrebbe autorizzare il ricorso a queste tecniche, quanto meno in via di principio? Dovrebbe essere garantito il controllo del giudice su queste forme di intervento? Se sì, con quali caratteristiche? È opportuno che vi sia trasparenza sulle misure di nudge (anche se alcuni studi dimostrano che ciò può diminuire l’efficacia delle misure adottate)?
Nel mostrare perplessità verso la recente tendenza a considerare il nudge come un passe partout, potenzialmente sostitutivo delle altre forme di intervento pubblico, Cassese riscontra tuttavia un elemento indubbiamente positivo connesso alla diffusione del fenomeno. Il nudge insegna qualcosa di culturalmente molto importante: l’attenzione per l’“amministrato”. Così come avviene per il consumatore nel settore privato, infatti, anche nel settore pubblico il destinatario dell’azione pubblica acquisisce finalmente la dovuta centralità.
(di Eleonora Cavalieri)
[1] Richard H. Thaler – Cass R. Sunstein, Nudge: Improving Decisions About Health, Wealth, and Happiness, 2009, trad. it. Nudge. La spinta gentile. La nuova strategia per migliorare le nostre decisioni su denaro, salute, felicità, Feltrinelli, 2009.