Caso AGCM A542: si apre per Google un fronte antitrust anche in Italia

di Enrico Di Tomaso
Abstract (EN) - The article describes the newly opened antitrust investigation against Google for suspected abusive conducts in the Italian markets of display advertising, which follows the various European antitrust cases closed in recent years against the same Google. The article finally mentions the debate on the challenges posed by the new digital markets to the current antitrust rules, culminated in the legislative proposal of the Digital Markets Act. Abstract (IT) - La concorrenza nei mercati digitali è al centro delle preoccupazioni anche di varie autorità antitrust nazionali e della Commissione europea. Il contributo ripercorre i recenti casi antitrust che hanno interessato condotte di Google in varie parti del mondo, a cornice di una analisi dedicata al recente avvio di istruttoria da parte dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato italiana. Nel contesto italiano, le condotte contestate a Google sarebbero volte ad escludere operatori concorrenti dai mercati dell’intermediazione di pubblicità su siti web. Si tratta del display advertising, consistente nella messa a disposizione degli inserzionisti di spazi online per il collocamento e l’esposizione di pubblicità sotto varie forme (come banner o animazioni) da parte dei gestori o proprietari di siti web. Il rifiuto di concedere spazi pubblicitari su YouTube e altre condotte escludenti poste in essere da Google avrebbe impedito agli operatori pubblicitari di profilare accuratamente i destinatari degli spazi pubblicitari, in modo da aumentare l’efficacia della pubblicità on line. Il diniego di acceso ai dati perpetrato da Google impedirebbe così ai concorrenti di accedere a dati non replicabili ed essenziali per operare nel mercato della pubblicità on line, di cui invece dispongono le divisioni interne della società attive nei medesimi mercati. Dal canto suo Google riconduce il divieto di accesso ai dati alle previsioni della disciplina della privacy, che stabilisce l’obbligo del consenso per il trasferimento di dati a soggetti terzi (rispetto alla società stessa), laddove l’Autorità garante della concorrenza sostiene che i comportamenti contestati riducono gli incentivi ad uno sviluppo tecnologico che potrebbe portare all’introduzione di forme pubblicitarie meno invasive per i consumatori oltre a compromettere il flussi economici verso editori tradizionali (con conseguente peggioramento della qualità dei contenuti).
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